Andare, vedere, sentire, ricordare. Viaggi in Puglia
Associazione culturale Recherche (a cura di), Andare, vedere, sentire, ricordare. Uliano Lucas in Puglia, 2010. Testi di Arturo Cucciolla, Lucia Miodini, Nicola Signorile
Mostra alla Sala Murat, Bari, 17 marzo – 3 aprile 2010
Le Puglie: quella industriale del polo siderurgico dell’Italsider e del porto di Taranto e quella agricola del Salento, delle vigne di Manduria e del piccolo artigianato di Grottaglie, quella della ferrovia appulo-lucana che attraversa lenta le campagne e quella delle città della Magna Grecia e del barocco leccese. La Puglia dei paesi ormai spopolati dell’entroterra, la terra del rimorso di Ernesto De Martino e la zona costiera trasformata dal turismo di massa, la Puglia del vivace mondo degli artisti e dei grafici e quella degli psichiatri che hanno raccolto e sviluppato la sfida di Franco Basaglia…. La religiosità popolare, i luoghi e le forme di aggregazione nei piccoli centri dalle secolari cattedrali di tufo e dalle case di pietra e i quartieri alveare delle periferie cittadine sorti negli anni ’60.
Tempi, spazi, modi di vita che si intrecciano e avvicendano nell’arco di trent’anni, negli occhi di un fotografo che ha visitato lungamente questa regione e ne ha indagato e raccontato le complesse e contraddittorie realtà.
Uliano Lucas ha infatti girato e soggiornato in Puglia innumerevoli volte, ora inviato da settimanali e quotidiani nazionali per inchieste di politica o di cronaca, ora invitato da enti locali e dal sindacato per lavori di documentazione e di ricerca poi sfociati in libri, ora più semplicemente richiamato dalle tante amicizie costruite negli anni in questa regione.
Negli anni ’80 ha raccontato Lecce, l’espansione urbana di Taranto e Bari, il mondo degli intellettuali e l’arretratezza culturale di certe realtà dell’entroterra in diversi reportage apparsi su «L’Espresso»; ma soprattutto, su invito della Cgil, si è impegnato, con il collega Gianni Capaldi, in una lunga inchiesta sul mondo del lavoro femminile nelle piccole industrie diffuse sul territorio barese, destinata ad una mostra per la Festa dell’Unità. Sempre per una mostra voluta dall’Flm, ha poi raccontato, insieme a Maurizio Bizziccari, la realtà industriale dell’Italsider, offrendo un importante materiale documentario e interpretativo all’intenso dibattito del tempo sulle trasformazioni del lavoro.
Coinvolto nella vivace attività culturale che si svolgeva in quegli anni intorno all’associazione Anghelus Novus e a Maruzza Capaldi, ha organizzato mostre e convegni sulla fotografia (prima fra tutte L’informazione negata. Il fotogiornalismo in Italia 1945-1980) ed è tornato più volte a raccontare il territorio pugliese su invito di Comuni e associazioni locali. Fra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 ne sono nati due lunghi reportage, rimasti poi per lungo tempo quasi totalmente inediti, sulle città di Lecce e di Taranto, colte l’una nello spettro articolato delle sue attività umane, l’altra in un’indagine maggiormente concentrata sul territorio, sulla sua ricchezza e sulla sua devastazione da parte dell’uomo. Vengono poi, negli anni ’90 inoltrati, i racconti sull’esperienza dei centri di salute mentale, con il volume La storia, le storie: I centri di salute mentale in Puglia, e sulle ferrovie appulo-lucane, segnato, quest’ultimo, da uno sguardo che, nel mutato clima politico e culturale, si apre al fascino dei luoghi e imprigiona, in foto di grande forza estetica, la bellezza ruvida delle Murge. Del 2007 è il ritorno ad un’inchiesta di reportage, con il racconto sul quartiere Libertà, che si fa interprete di un’altra tappa nell’evoluzione del tessuto urbano e sociale di Bari.
Questa mostra racconta dunque la complessità di questa esperienza, restituisce il percorso di analisi e di riflessione di un autore colto e attento che da tre decenni segue e registra le trasformazioni del tessuto territoriale e sociale pugliese e ne offre significative chiavi di lettura, leggendo e catturando nelle forme del paesaggio e delle architetture i segni della storia pugliese, le sue radici culturali, e nella quotidianità del vivere, nella definizione dei nuovi spazi della socialità e dell’economia, il loro evolvere nel tempo, in una tensione costante fra il rischio della perdita e l’ancoramento profondo alla propria storia e identità.
In essa si riverberano trent’anni di scelte politiche, economiche e culturali che hanno segnato la Puglia, ma anche una stagione di fotografia di documentazione e indagine sociale, che ha tentato di raccontarle e di promuoverle, nella consapevolezza che la storia, nel suo farsi, è attualità.
(Tatiana Agliani, dalla presentazione alla mostra)
Andare, dal tardo latino ambitare, intensivo di ambīre, andare in giro: fra le tante accezioni, qui mi pare venga usato per significare “essere in movimento, essere attivo”, con le gambe, con gli occhi, con il cervello.
Vedere, dall’indo-europeo vid, so, distinguo: e non, semplicemente, guardare. Verbo che significa un volontario sforzo di attenzione, una volontà di esaminare per capire, che implica discernimento e giudizio. Il vedere vuole qui trasmettere l’idea di comunicazione con la realtà, l’instaurarsi di relazioni e rapporti, l’attivarsi di rapporti di simpatia o antipatia.
Sentire, dal latino sentīre, ricevere un’impressione per mezzo dei sensi: altra cosa dal vedere, qui usato per significare “avvertire, provare con riferimento all’interiorità dei processi affettivi o intuitivi”, ma anche per alludere alla capacità di partecipare, di compromettersi sul piano dei sentimenti.
Ricordare, dal latino recordari, composto col termine cor, cuore: essere attivo con la memoria, in modo più durevole e strutturato e partecipe rispetto al “rammentare”. Qui usato per sottolineare l’importanza della memoria e della storia come base ineludibile d’ogni esercizio critico.
Se l’interpretazione è valida, il messaggio del titolo risulta sufficientemente chiaro: Lucas ci dice che per lui fotografare vuol dire: usare gambe, occhi, cervello (andare); aver voglia di capire, instaurando relazioni, comunicando con la realtà (vedere); partecipare e compromettersi sul piano dei sentimenti (sentire); valorizzare memoria e storia (ricordare).
Il titolo della mostra trasmette dunque una grande disponibilità a mettersi in gioco, ad abbandonare le posizioni comode ed acquisite, per “andare a vedere”, per cambiare opinione se necessario, per innamorarsi o per odiare, per non dimenticare; ma, alla fine, per decidere: perché Lucas, mettendosi in gioco, lavora, dubita, approfondisce, verifica, confronta, ma, in conclusione, si prende la responsabilità di dichiarare “da che parte sta”.
(Arturo Cucciolla)
I muri scialbati a calce, i tufi, le cianche, le piazze, i campanili, tutto il particolare carattere della stratificata e millenaria morfologia spaziale pugliese c’è in queste foto, come pur ci sono le fabbriche, le infrastrutture, i quartieri abnormi della modernità che spesso hanno violato a fondo, in una manciata di decenni, il territorio ed una campagna di straordinaria antica bellezza: questa complessa e contraddittoria struttura di spazi è raccontata con acuta intelligenza e, talvolta, con laica indignazione, ma non è quasi mai indagata di per sé, quanto vista come lo sfondo, determinante e significante, dell’umanità che vive in quello spazio, che lo modifica e ne è modificata. Questa umanità è il soggetto principale delle fotografie.
(Arturo Cucciolla)
“Uliano Lucas è attento ai mutamenti, alla presenza del moderno nel quadro senza tempo della natura, ai guasti che l’uomo ha portato nel paesaggio. Ma anche a testimoniare una verità, che senza la presenza dell’uomo non c’è storia… Lucas guarda all’uomo e alla sua presenza nel mondo”.
(Raffaele Nigro, La Piana dell’Olio e i Colli del Sambuco)